Veronese: l’illusione della realtà

Paolo Veronese

L’illusione della realtà

Verona, 20 settembre 2014

 

Veronese con Tiziano e Tintoretto è uno dei tre astri della grande pittura veneziana del pieno cinquecento, fiorita all’epoca del massimo splendore della Repubblica, la Triade che nell’arte è l’emblema della potenza e della gloria della Serenissima al suo apice.

Su Veronese è stata allestita la grande mostra al Palazzo della Gran Guardia a Verona, che il 20 settembre abbiamo visitato.

Veronese, a differenza degli altri due Grandi, nasce “foresto” a Verona. Anche il cadorino Tiziano era “foresto” di nascita, ma si trasferì bambino a Venezia dove lo zio aveva una carica pubblica, quindi la sua nascita come pittore fu in toto veneziana. Veronese invece ha la sua prima formazione artistica a Verona presso i pittori locali Giovanni Caroto e Antonio Badile, seguaci del Mantegna e influenzati dalla maniera del Moretto di Brescia; nella vicina Mantova viene in contatto con la pittura bresciana e con il manierismo di Giulio Romano, attivo a Mantova a Palazzo Tè; si forma quindi su una pittura basata su un’impostazione prospettica rigorosa e su composizioni di grande struttura dal disegno netto accurato nelle figurazioni. Nella chiesa di S. Fermo a Verona e a Mantova in Duomo ci sono le sue prime opere.

Con questi fondamenti a circa 25 anni approda a Venezia, dove scopre la luce e il colore di quella città e quella scuola, che assorbe e introduce nelle sue composizioni a modo suo. A modo suo, nel senso che pur arricchendo la sua tavolozza di una ricca gamma di splendidi colori non applica la tecnica della pittura tonale nata con Giorgione e continuata da Tiziano e Tintoretto.

Infatti in Veronese le campiture di colore sono splendenti e luminose sia nelle luci che nelle ombre secondo il gusto del colore veneziano, ma sono nette e definite da un disegno preciso, accordate per contrasto o affinità di tinta, non sono sfumate e digradanti nei toni come vuole la pittura tonale e la tecnica della prospettiva aerea. Con la sua personale tecnica, supportata da una buona cultura umanistica, Veronese crea quelle grandi composizioni che conosciamo, le Cene, gli episodi biblici e mitologici, le allegorie celebrative, inventando una realtà decisamente verista alla lettera ma nello stesso tempo immaginaria, cioè del tutto soggettiva ovvero, come è stata definita dalla critica, una realtà mentale, che esiste per se stessa, che è perché è concepita così. Non ricerca, come Tiziano, l’introspezione psicologica, non esprime il dramma come Tintoretto, è una pura bellezza da contemplare così com’è. Una bellezza razionale, che trova il suo perfetto equivalente nell’architettura di Palladio, che Veronese ammirava, come è testimoniato in modo perfetto dalla Villa di Maser, nella quale l’architettura palladiana razionale e netta nelle sue linee e superfici è l’equivalente della decorazione pittorica, e viceversa. Ambedue sono le due facce dello stesso gioiello.

Veronese stesso, interrogato dall’Inquisizione per la sua grande tela dell’Ultima Cena, inquisito a causa della presenza nella scena di nani, buffoni, cani, todeschi alabardieri, si espresse dicendo candidamente che i pittori sono come i poeti e i matti. Il pittore, quando ha uno spazio vuoto sulla tela, lo riempie con le figure che immagina e che gli detta la mente e il suo senso estetico. Il tribunale dell’Inquisizione, dove per fortuna c’erano dei patrizi veneziani, lo assolse facendogli semplicemente cambiare il titolo dell’opera in Convito in Casa Levi, come tutti la conosciamo conservata alle Gallerie dell’Accademia. Stesse considerazioni per l’opera rapinata da Napoleone, le Nozze di Cana, come per i numerosi altri convivi creati da Veronese.

In conclusione, la pittura di Veronese è creazione di immagini reali, naturali, ma assolutamente soggettive, partorite dalla mente: una pura bellezza. Una lezione che due secoli dopo, sarà ripresa da Tiepolo, aggiungendovi le eleganze settecentesche.

Io ora azzardo un pensiero mio, dettato dal desiderio di voler ricercare l’origine e la consecutio delle cose. Anche a distanza di secoli si possono scoprire le tracce in embrione di eventi successivi lontani nel tempo e fare dei paralleli. Così io vedo in Tiziano e Tintoretto la predisposizione che porterà secoli dopo all’impressionismo (Tiziano, Manet, gli impressionisti) e all’espressionismo (Tintoretto, Kirchner, il Ponte, il Cavaliere azzurro), mentre invece in Veronese, nelle sue Cene e Allegorie vedo in embrione quello che evolverà nel simbolismo, nella pittura metafisica, nel surrealismo.

Paulo xe un vero Apolo inlauranà

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El so modelo giera la so mente;

el natural l’imensa so dotrina;

L’invencion, la maniera pelegrina

Ghe la infuse el Signor, l’Onipotente.

M. Boschini, La carta del navegar pitoresco, 1660

 

 

Dopo la visita ci siamo recati in pullman a Bardolino, per la sosta in un bel ristorante sul lungolago, animato quel giorno da una folla strabocchevole e dalle evoluzioni assordanti delle Frecce tricolori.

In quella atmosfera festosa abbiamo brindato alla salute della nostra tenace infaticabile Segretaria del Club Ivana, che compiva gli anni proprio in quel giorno.

Lì abbiamo incontrato l’amico rotariano di Peschiera e del Garda veronese Emilio Pedron, Direttore Generale Gruppo Italiano Vini Spa, che dopo pranzo ci ha accompagnato a Grezzana nella visita alle storiche Cantine Bertani, un vero e proprio museo di vini storici di pregio (principe l’Amarone), oltre ad essere una primaria cantina di produzione.

Noi ringraziamo ancora il nostro amico Emilio, con l’augurio di incontrarlo presso il nostro club.

Rocco Majer

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