La prima guerra mondiale: quando tutto ebbe inizio

 Conferenza del Gen. Enrico Pino


L’ITALIA
NELLA GRANDE GUERRA

I prodromi

Nel 1914
nulla poteva evitare la guerra. A causa di un eccezionale sviluppo industriale
erano a disposizione di quasi tutte le nazione europee grandissime quantità di
armi micidiali e di flotte militari sempre più agguerrite. Francia e
Inghilterra volevano bloccare l’espansionismo tedesco e la sua crescente,
inarrestabile egemonia industriale e scientifica. La Francia voleva la
rivincita dopo i fatti d’arme del 1870 e voleva riprendersi l’Alsazia e la
Lorena. L’Austria e la Russia speravano di risolvere le loro difficoltà con una
politica estera particolarmente aggressiva ed espansionistica.

Il pretesto di Sarajevo

La scintilla
della guerra scoccò il 28 giugno 1914,
a Sarajevo, la capitale
bosniaca. In un attentato, di matrice estremistica, persero la vita il granduca
Francesco Ferdinando, erede al
trono d’Austria, e la consorte. L’Austria decise unilateralmente di considerare
la Serbia responsabile dell’attentato perché essa dava rifugio agli
indipendentisti slavi. Si voleva dare un buon esempio di severità a tutti i
popoli dell’impero e di porre termine ai numerosi moti rivoluzionari e
sovversivi della penisola balcanica, riducendo praticamente al silenzio la
Serbia. I generali Austriaci prevedevano una rapida e semplice campagna
militare priva di ostacoli significativi.

La Germania
sognava la formazione di un grande stato formato da tutte le nazioni di lingua
tedesca. L’impero Russo, a sua volta, ambiva a riunire sotto di sé tutti i
popoli di lingua slava, quindi scese in campo in aiuto della Serbia ordinando
la mobilitazione del proprio esercito. Appena l’Austria dichiarò guerra alla
Serbia fu messo in moto l’automatismo delle alleanze e delle mobilitazioni: in
pochi giorni ebbero luogo le dichiarazioni di guerra.

A fianco di Germania e Austria si schierarono Turchia
e Bulgaria, il Giappone e la Romania si schierarono a fianco della Triplice Intesa. Socialisti e cattolici si schierarono decisamente
per la pace, ma non furono presi in considerazione. Non fu presa in
considerazione neanche la durissima condanna pronunciata dal papa Benedetto XV,
che considerò la guerra come il risultato dell’egoismo, del materialismo e
della mancanza di grandi valori morali e spirituali. Soltanto l’Italia di Giolitti mantenne la calma: la Triplice Alleanza era un patto difensivo,
e siccome Austria e Germania non erano state aggredite, ma avevano dichiarato
guerra per prime, l’Italia sostenne di non avere alcun obbligo di schierarsi al
loro fianco.

Piani di invasione concretizzati

Da molti
anni gli stati maggiori di Francia e Germania si stavano preparando a una
guerra che ritenevano inevitabile.

La Francia aveva fortificato il confine con la Germania, quest’ultima invece
aveva pronti i piani per un attacco fulmineo che portasse le sue truppe a
Parigi in poco tempo, così come era successo nel 1870. Appena dichiarata la
guerra ed iniziata la mobilitazione il grosso delle truppe francesi furono
ammassate lungo il confine tedesco.

La
mobilitazione delle forze russe avveniva invece molto lentamente per la
scarsezza di mezzi di trasporto e l’insufficienza di strade e ferrovie. Così la
Germania pensò di riversare tutte le sue forze contro la Francia, di
sconfiggerla rapidamente e poi rivolgersi contro la Russia sul fronte
orientale. Per poter effettuare questo
piano di guerra lampo la
Germania doveva evitare le potenti fortificazioni francesi costruite sul
confine: perciò l’esercito tedesco invase il Belgio, che era neutrale, per
assalire le truppe francesi alle spalle. I tedeschi, dopo un mese di aspri
combattimenti, giunsero a quaranta chilometri da Parigi, ma sul fiume Marna furono
bloccati e respinti alla fine di una battaglia durissima. La non prevista
guerra di posizione fa fallire ben presto l’illusione della guerra lampo.

Questo
succede perché scavando delle trincee e attendendo l’assalto del nemico il
difensore è fortemente avvantaggiato sull’attaccante. Gli assalti, infatti,
sono ancora effettuate dal fante armato di fucile che si scaglia contro le
mitragliatrici nemiche sistemate sui bordi della trincea o dietro un riparo ben
munito. Dopo la battaglia della
Marna le truppe tedesche e
franco-britanniche si fronteggiarono lungo una linea che andava dalla Manica
alla Svizzera. La guerra di movimento si trasformò in guerra di posizione. I
soldati furono costretti a vivere dentro trincee lunghe centinaia di
chilometri, nella sporcizia e sotto le intemperie, su un fronte praticamente
fermo.

Nel
frattempo a oriente l’esercito tedesco riuscì a occupare la Polonia dopo due
vittorie ottenute presso i laghi Masuri
e Tannenberg. Il fronte
austro-russo, a sud, si estendeva per centinaia di chilometri, senza alcun
avanzamento da parte dei contendenti. Gli stati europei si gettarono
nell’avventura della guerra sottovalutandone completamente i costi economici ed
umani. Essi affrontarono quasi con leggerezza la tragica avventura poiché
pensavano a una guerra breve come quelle che si erano combattute nell’800. Anzi
ritenevano che la potenza delle nuove armi avrebbe ancora di più accelerato i
tempi della conclusione. Altro errore di prospettiva fu quello di pensare che
la supremazia in Europa avrebbe avuto di conseguenza il dominio sul mondo, ma
questo calcolo ignorava la nascita di due nuove superpotenze: gli USA e il Giappone, le quali uscirono fortemente rafforzate dal conflitto,
mentre l’Europa ne uscì gravemente indebolita sia per le perdite umane che per
i costi economici.

Si
immaginava, infine, questa guerra come le altre precedenti, con vittime, costi
e conseguenze gravi, ma in qualche modo limitate e prevedibili: con dei
vincitori che avrebbero acquistato nuovi territori e maggiori mercati e degli
sconfitti che li avrebbero perduti.

Interventismo e Neutralismo Italiano

La maggior
parte degli Italiani era per non entrare in guerra a fianco degli Austriaci che
occupavano ancora i territori di Trento e Trieste. Predominante era in Italia
il partito dei neutralisti, ma la minoranza interventista era comunque
dell’avviso di cambiare alleanza e di schierarsi contro l’Austria. I cattolici
e buona parte dei socialisti erano contro la guerra. I socialisti sostenevano
che la guerra era un affare tra capitalisti che lottavano per il predominio
imperialista dell’Europa, mentre i proletari di tutto il mondo dovevano
sentirsi fratelli. Giolitti, che
poco tempo prima aveva lasciato la presidenza del consiglio, si era impegnato
per mantenere la neutralità italiana.

Egli era
sicuro che gran parte del territorio italiano ancora occupato dall’Austria
(“parecchio”, come lui stesso affermò) poteva essere ottenuto
mediante trattative diplomatiche. Le forze interne ed esterne che spingevano
l’Italia verso la guerra erano molto forti. In La grande industria vedeva nella
guerra un’occasione unica e grandiosa di espansione economica grazie alle
forniture per l’esercito. I maggiori quotidiani italiani cavalcavano le tesi
dei nazionalisti e attaccavano in maniera violenta i neutralisti fino a
definire traditore Giolitti.
Molte manifestazioni di piazza si svolgevano a favore della guerra e molti
interventisti tra cui Gabriele D’Annunzio
vi pronunciavano infuocati discorsi patriottici. Anche dall’estero le spinte
non mancavano: l’Italia importava il 90% del suo carbone dall’Inghilterra e
dipendeva da Inghilterra e Francia anche per altre importanti materie prime:
questo era un formidabile strumento di pressione nelle mani dell’Intesa. Nel
mese di aprile 1915 il governo italiano firmò a Londra un patto segreto nel quale l’Italia
s’impegnava ad entrare in guerra con Francia e Inghilterra. I giornali
sottovalutavano i costi e le conseguenze della guerra.

Il Re era decisamente favorevole
alla guerra. Il Parlamento, ancora contrario, fu praticamente obbligato ad
approvare il patto di Londra. Il 24
maggio 1915
anche l’Italia entrò in guerra a fianco dell’Intesa.

 

 

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