Le religioni e il quadro geopolitico del terzo millennio

 

È tornato a trovarci, giovedì 28 maggio, il Prof. Alessandro Grossato, uno dei maggiori esperti di geopolitica e di storia delle religioni.

 

È merito di Yves Lacoste aver introdotto per primo il concetto e il termine, assai appropriato, di «rappresen-tazioni geopolitiche». In pratica, secondo Lacoste, oltre alle situazioni geopolitiche che traducono, su di un dato territorio, le rivalità fra diverse potenze in conflitto, esistono anche idee geopolitiche antagoniste, individuali e collettive, storicamente consolidate, che si possono definire «rappresentazioni» in un duplice senso: cartografico, cioè facente riferimento alla rappresentazione grafica di un dato territorio conteso; e teatrale, ove i popoli e le nazioni protagonisti del dramma che si svolge nel territorio, sono descritti alla stregua di attori che recitino su di un palcoscenico. Si potrebbe dire che le rappresentazioni religiose sono i mythomoteurs della geopolitica. In fondo, in quest’idea c’era già la premessa necessaria e sufficiente allo sviluppo d’una branca specifica della geopolitica, dedita allo studio e all’interpretazione di tutte quelle  «rappresentazioni geopolitiche»  collettive che scaturiscono dalle diverse religioni. Ma, sul finire del Novecento, le religioni erano quasi del tutto rimosse dal quadro della ricerca e della discussione politologica, perché considerate come un fenomeno storico e culturale ormai in fase d’inesorabile regressione ed esaurimento. E ancora oggi, come scrive François Thual, «sebbene tutti concordino sul fatto che le religioni siano un fattore non trascurabile delle relazioni internazionali, al di là di questa dichiarazione di principio, ci si accontenta, in generale, di relegare il fatto religioso nella sua dimensione geopolitica a un ruolo superficiale e secondario.» Invece, scrive ancora Thual, «la religione non è un fattore secondario delle relazioni internazionali e non è nemmeno una sovrastruttura della geopolitica.» In quello scorcio di fine secolo avrebbe dovuto essere evidente che le cose stavano cambiando, già da tempo.

La rinascita religiosa mondiale, che è ancora in corso, è stata definita da Gilles Kepel come la revanche de Dieu. Secondo Kepel, che nel suo libro si concentra sulle tre religioni monoteiste, quest’inversione di tendenza è iniziata a partire dalla metà degli anni Settanta. Giustamente Huntington annota al riguardo, che il fenomeno, in realtà, «ha interessato tutti i continenti, tutte le civiltà, praticamente tutti i paesi.» È quello che Thual ha definito, assai efficacemente, come «il riemergere del represso». Un sostantivo che, «preso in prestito dalla psicanalisi, sembra adattarsi perfettamente al periodo che si apre con lo smembramento, e prosegue con la caduta, dei regimi comunisti a partire dalla fine del 1989. Lo straordinario in questo avvenimento fu che la disintegrazione

degli Stati comunisti mise a nudo delle problematiche nazionali e religiose che si credevano finite per sempre sotto il coperchio del socialismo.» Così, anche per Thual,«come tutto sembra confermare, un certo numero di regioni del mondo sono entrate in un processo di desecolarizzazione, in particolare a livello politico.

Ma la laicizzazione delle società e la desecolarizzazione degli spiriti non sono fenomeni contraddittori, poiché la laicizzazione concerne il comportamento degli Stati, e la desecolarizzazione l’attitudine degli individui di fronte alla religione come fattore d’ispirazione del comportamento politico.» Va inoltre considerato un altro importante fattore, da diversi decenni la «modernizzazione non è sinonimo di occidentalizzazione».

Solo nell’ultimo ventennio, e più esattamente a partire dal 1993, la geopolitica delle religioni è finalmente emersa dalla sua lunga gestazione, attestandosi, a livello internazionale, quale importante sottodisciplina di settore. Questo per merito, innanzitutto, dello statunitense Samuel Huntington, che per primo, pur senza nominarla, ne ha saputo sostanzialmente intuire, indicare, e in parte dimostrare, la straordinaria utilità per l’analisi e l’interpretazione degli insoliti e inaspettati eventi geopolitici che iniziarono a verificarsi durante la transizione dal XX al XXI secolo. Delle avvisaglie importanti c’erano già state con la lunga guerra civile in Libano, tra diverse fazioni religiose, durata dal 1975 fino al 1990, poi, nel 1979, con la rivoluzione khomeinista in Iran e l’inizio della guerriglia islamica contro l’Armata Rossa in Afghanistan. Ma è soprattutto a partire dal fatidico triennio 1989-1991, che il fattore religioso rivela in pieno la sua potenzialità geopolitica, con l’inizio, nel 1991, della guerra civile prima in Iugoslavia e quindi in Algeria, ma soprattutto con l’imprevedibile ‘Rinascita islamica’ nei Balcani e nelle ex Repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale. In certo qual modo, Huntington prefigurò la matrice prevalentemente religiosa di quanto sarebbe avvenuto anche in seguito, culminando negli attentati dell’11 settembre 2001 e nelle guerre che ne sono direttamente conseguite, e che perdurano, fra molte incognite geopolitiche.

Il libro di Huntington viene tradotto in francese già nel 1997. In quegli stessi anni, saranno principalmente Yves Lacoste e François Thual ad assegnare il nome alla nuova disciplina, a fondarne in buona parte i principi, e a testarne progressivamente il metodo interpretativo. Già nel 1984-85 erano usciti due numeri speciali, rispettivamente il 35 e il 36, di «Hérodote», l’importante rivista francese di geopolitica diretta da Yves Lacoste, entrambi con il titolo di Géopolitique des islams. Nel 1990 esce il n. 56, col titolo Églises  et géopolitique.  Da allora, la geopolitica delle religioni diviene un tema costante di questo periodico. Le date di uscita delle principali monografie di François Thual, specificamente dedicate alla geopolitica delle religioni, e che, di fatto, gettano le basi di questa nuova sottodisciplina, sono invece comprese fra il 1993-2004, e cioè esattamente due anni dopo l’inizio della guerra nei Balcani, ma pochi mesi dopo la pubblicazione dell’articolo di Huntington. Va inoltre sottolineato che solo Thual ha avuto il coraggio di rivendicare con forza l’importanza di questa nuova scienza: «In questa fine di XX secolo in cui si vede risorgere in diverse religioni – che siano l’Islam, il Cattolicesimo, l’Induismo o, addirittura certi Protestantesimi – delle correnti fondamentaliste e integraliste, si è decisamente obbligati, studiando il funzionamento concreto di questo risveglio religioso, a rendersi conto che la religione è al centro delle pratiche e dei dispositivi geopolitici.» Dunque, «sembra legittimo definire il religioso come elemento a pieno titolo del sapere geopolitico, poiché il religioso è un fattore determinante e preponderante di ciò che Yves Lacoste chiama la rappresentazione geopolitica.»

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Abbiamo avuto la gradita visita di Sara Zanferrari, Presidente incoming del nuovo Rotary eClub 2060

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