Il Delta del Po

IL DELTA DEL PO

Grazie alla generosa cortesia del Socio Stefano M. Boldrin e a Banca Mediolanum, molti Soci hanno avuto la possibilità, sabato 30 maggio, di una interessante escursione in battello sul Delta veneto del grande fiume della pianura padana. All’imbarco di Taglio di Po due pullman hanno scaricato una sessantina di persone che, complice la bella giornata di sole e la temperatura ideale, si sono imbarcati sul battello fluviale per andare alla scoperta di una natura lussureggiante: a bordo, caffè, pranzo gustoso e la intelligente compagnia della “voce narrante”, la Guida Danilo che ci ha davvero fatto godere ogni metro del fiume.

Il Delta si estende per 786 km² dal Po di Goro fino al fiume Adige e comprende 9 comuni della provincia di Rovigo con una popolazione, all’interno dei limiti del parco, di circa 73.000 abitanti. La zona protetta ha una superficie di 120 km² .

La formazione del territorio del delta, su cui oggi sorge il parco, è dovuta al progressivo deposito di sedimenti che, sul lungo periodo, ha determinato l’avanzamento progressivo della linea di costa. Si tratta quindi di terreni geologicamente “nuovi”.

Il parco del delta del Po possiede la più vasta estensione di zona umida protetta d’Italia. La flora e la fauna sono varie e numerose: in particolare, è notevole la fauna, con più di 400 specie diverse, tra mammiferi, rettili, anfibi e pesci. La presenza di uccelli è tanto rilevante, con più di 300 specie (nidificazione ed ibernazione), da rendere il Delta del Po la più importante zona ornitologica italiana ed una fra le più conosciute zone d’Europa per gli osservatori di uccelli.

Per Delta del Po si intende il sistema idraulico di diramazioni fluviali attraverso cui il fiume Po sfocia nel Mare Adriatico dopo il suo corso lungo la Pianura Padana. La sua formazione attuale deriva dalla grande opera idraulica attuata dalla Repubblica di Venezia nel 1604. Questa è conosciuta come Taglio di Porto Viro che gradatamente ha esteso la superficie deltizia di circa 18 mila ettari. È costituito innanzitutto dall’insieme di questi rami fluviali e, per estensione, dal territorio tra di essi compreso. Secondo questa definizione il delta del Po ricade interamente nella Provincia di Rovigo o Polesine e ne occupa quasi interamente la porzione orientale (a partire dall’incile del Po di Goro sino al mare) e si definisce anche come “delta attivo”.

In un’accezione più ampia, esso comprende la più vasta area del delta storico, vale a dire quella compresa tra gli antichi rami deltizi del fiume Po: esistendo un tempo importanti diramazioni meridionali del corso d’acqua, tra cui citiamo il Po di Volano e il Po di Ferrara o Po di Primaro, esso includerebbe la parte della Provincia di Ferrara a forma di cuspide compresa tra i vertici di Stellata, Sacca di Goro e Valli di Comacchio.

L’assetto idraulico contemporaneo del delta del Po avvalora la definizione più restrittiva sopra enunciata, anche se la parte litoranea della Provincia di Ferrara, in particolare quella compresa tra la bocca del Po di Goro e il Lido di Volano e quella comprendente le Valli di Comacchio, conserva un aspetto paesaggistico di carattere tipicamente deltizio – paludoso.

Il delta del Po è stato inserito, dal 1999, nella lista dei siti italiani patrimonio dell’umanità dall’UNESCO come estensione del riconoscimento conferito alla città di Ferrara nel 1995.

 

 La superficie dell’area deltizia è interessata da una progressiva espansione (pari a circa 60 ha. l’anno) dovuta dall’avanzamento verso est delle foci dei vari rami del delta. Tale spostamento avviene per il progressivo deposito del considerevole trasporto solido del fiume Po sul basso fondale dell’Adriatico che ne determina l’innalzamento e quindi il costante prolungamento a mare del letto delle diverse diramazioni. La Provincia di Rovigo è pertanto l’unico territorio italiano soggetto ad espansione, con la conseguente necessità di aggiornare periodicamente i dati statistici relativi alla sua superficie.

Le diramazioni deltizie del fiume Po attualmente attive e che nel loro complesso costituiscono il delta sono, da nord a sud: il Po di Maistra, il Po di Venezia – Po della Pila che sbocca in mare attraverso tre distinte bocche (Busa di Tramontana, Busa Dritta e Busa di Scirocco), il Po delle Tolle (con le diramazioni di Busa Bastimento e Bocca del Po delle Tolle), Po di Gnocca o della Donzella (anch’esso con una biforcazione terminale) e Po di Goro.

Discorso a parte deve essere fatto per il Po di Levante il quale, pur essendo collegato al corso principale del fiume Po attraverso la conca di navigazione di Volta Grimana, ne è idraulicamente separato e non ne recepisce le acque. Infatti, in seguito alle imponenti opere di sistemazione idraulica del fiume Fissero-Tartaro-Canalbianco, avvenute negli anni trenta del secolo scorso, questa antica diramazione settentrionale del fiume venne separata dal corso principale per divenire unicamente collettore terminale del Canalbianco. Attualmente il sistema Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante costituisce un’importante via navigabile che consente il collegamento tra il mare Adriatico, i laghi di Mantova, il Lago di Garda ed i porti fluviali della conca di Canda e di Torretta di Legnago.

A sud del Delta il mare forma un’insenatura che, pur non prendendo il nome di golfo, ne ha tutte le caratteristiche.

Il delta del Po comprende le aree naturali protette istituite nel territorio geografico di riferimento:

  • Parco Regionale Delta del Po dell’Emilia-Romagna – istituito nel 1988, ma funzionante solo dal 1996, comprende anche territori che fanno parte del bacino idrico di altri fiumi (tra cui il Reno). Comprende la parte sud del delta storico del Po, ma solo una minima parte del delta attuale;
  • Parco Regionale Veneto del Delta del Po – funzionante dal 1997, comprende praticamente tutto il delta geografico del Po, come sopra definito;
  • Parco interregionale Delta del Po è il nome del parco che le Regioni del Veneto e dell’Emilia-Romagna avrebbero dovuto costituire congiuntamente entro il 1993, ai sensi dalla Legge Quadro sulle Aree Protette (Legge n. 394 del 1991, art. 35). Non essendo stato trovato un accordo tra le parti, sono stati costituiti i due distinti parchi regionali.

Il sollevamento meccanico delle acque dei terreni più bassi fu possibile a partire dal 1872, anno di costruzione del più vecchio stabilimento idrovoro di Marozzo a Lagosanto, al servizio del drenaggio di un bacino costituito da Valle Gallare, Valle Tassoni ed altre minori.

 

Fino al 1930, e con frequenza minore sino a tutt’oggi, altri impianti sono entrati in servizio per il drenaggio dei bacini del comprensorio, con lo scavo di canali profondi, come si faceva ai tempi dei Romani. Di là, pompe azionate principalmente da energia elettrica, fanno risalire l’acqua dalle zone basse in canali emissari che si versano in seguito nel mare.

Così, oggi il Po di Goro e Primaro, i fiumi Reno e Lemone sono collegati tra loro da canali che giungono al mare. Questo permette il drenaggio di tutte le terre del delta ad eccezione delle paludi di Comacchio (le più grandi) e due o tre altre piccole paludi. I terreni bonificati sono stati dedicati all’agricoltura.

Con gli ultimi interventi imponenti di risanamento delle paludi di Mezzano e di Pega, effettuati dall’ente per la colonizzazione del delta della pianura del Po, 20.000 nuovi ettari di terre coltivabili sono passati nel 1989 in gestione al consorzio di bonifica II circondario – Polesine di San Giorgio.

 

Una relazione del Consorzio di Bonifica Delta Po Adige fornisce alcuni dati per comprendere meglio la portata dell’intervento dell’uomo su un territorio che era per la sua natura alluvionale già soggetto a fenomeni di subsidenza naturali. Dagli anni trenta e soprattutto negli anni quaranta e cinquanta, fino alla sospensione decisa dal Governo nel 1961, furono estratti anche nel territorio del Delta del Po miliardi di m³ di metano e gas naturali. L’estrazione avveniva da centinaia di pozzi (una trentina nel Delta) che non raggiungevano i 1000 metri di profondità. Tramite dei manufatti in calcestruzzo, in parte ancora visibili su territorio, il gas veniva inviato alle centrali di compressione, mentre l’acqua salata (1 m³ di acqua per ogni m³ di gas estratto) veniva scaricata nei fossi e negli scoli.

Dal 1954 al 1958 furono estratti 230 milioni di m³ di gas per anno; nel 1959 si salì a 300 milioni. Dal 1951 al 1960 furono misurati abbassamenti medi del suolo di un metro con punte di due metri; nonostante la sospensione delle estrazioni del 1961 il territorio continuò a calare molto nei 15 anni successivi; dall’inizio degli anni cinquanta a metà degli anni settanta il territorio è calato mediamente di oltre 2 metri sino a punte di 3,5 metri. Rilievi recenti dell’Istituto di Topografia della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova hanno stabilito che i territori deltizi dell’Isola di Ariano e dell’Isola della Donzella si sono ulteriormente abbassati di 0,5 metri che vanno ad aggiungersi ai 2 – 3 metri sotto il livello del mare del territorio.

Le conseguenze della subsidenza, anche sotto il profilo economico, sono facilmente immaginabili:effetti sulle arginature: il terreno che si abbassa trascina con sé anche gli argini. Questo causa minor spessore delle fiancate di sicurezza degli stessi, maggiori spinte dell’acqua, maggiore possibilità di formazione di fontanazzi e tracimazioni, maggiori possibilità di cedimenti degli argini. Le infiltrazioni sono calcolate in 70 litri al secondo per Km di argine. Le rotte del Po: l’Alluvione del Polesine del novembre 1951, le due rotte del Po di Goro nell’Isola di Ariano, la rottura dell’argine a mare in Comune di Porto Tolle, altre rotte di altri rami, avvennero negli anni in cui si estraeva il metano. Fu necessario rialzare e allargare gli argini dei fiumi (480 km) e gli argini a mare (80 km), con una spesa stimata di 3 miliardi e 300 milioni di lire per gli argini di tutto il Polesine.

  • maggiori spese per la bonifica: fu necessario ricostruire tutto il sistema di scolo con ricalibrazione delle sezioni e delle pendenze necessarie, demolire e ricostruire manufatti, chiaviche, ponti sui canali e sugli scoli, ricostruire o adeguare ai nuovi livelli dell’acqua le idrovore, con una spesa stimata di 700 milioni di Euro.

Il Delta e gli altri territori del comprensorio del Consorzio di Bonifica Delta Po Adige (Comuni del Delta più Rosolina e un piccolissima parte di Chioggia) vengono mantenuti asciutti da 38 idrovore e 117 pompe, con una capacità di sollevamento di 200 000 litri al secondo, con una spesa di 1.600.000 Euro per anno di sola energia elettrica, per un’altezza media di sollevamento acque maggiore di 4 metri.

Il Delta del Po ha nel fiume e nell’uomo i due principali attori del territorio. Se da una parte il fiume col continuo apporto di detriti ha costruito questa terra non v’è dubbio che l’uomo sia stato, e lo sia tutt’ora, l’agente modellatore di quest’area fatta di acqua e di terra.

In questa logica il Museo Regionale della Bonifica di Ca’ Vendramin, che abbiamo visitato sempre brillantemente guidati da Danilo, diventa uno dei luoghi chiave per conoscere il territorio e l’ottimale punto di partenza per un’escursione alla scoperta del Parco del Delta del Po.

L’impianto idrovoro Ca’ Vendramin con le sale del museo, sapientemente recuperate, costituisce uno splendido esempio di archeologia industriale. Nella Sala Caldaie si percepisce il sistema che garantiva, un secolo fa, il funzionamento dell’impianto, nella Sala Pompe si apprende l’ingegno che ha guidato le grandi opere di bonifica ma anche il buon gusto che ha portato i costruttori di allora ad ornare con fregi le pareti ed i soffitti della struttura, infine nella Sala dell’Officina si intuisce il duro lavoro dei “macchinisti”, gli operai delle idrovore, gente che ha contribuito alla crescita sociale ed economica del Delta.

Come una finestra sul passato il Museo della Bonifica Ca’ Vendramin racconta, a chi le ha vissute, le fatiche, gli errori e le atmosfere del tempo che fu, alle nuove generazioni invece vuole semplicemente far capire il grande merito delle tante persone che in epoche lontane ebbero la capacità di realizzare quelle opere che oggi ci consentono di vivere meglio.

 

Termina qui la nostra bella giornata fluviale: hanno partecipato con Stefano M. Boldrin accompagnato da Laura e dal piccolo simpatico Paolo, Gabrio Pellegrini, Ivana Vianello con Roberto, Augusto Gabbrielli con Cristina, Giulio Argenti con Manuela, Leopoldo Trolese con Roberta, Leonardo e Tommaso, Renato M. Cesca con Mara, Sandro Vicari con Alberta, Piero Bortoletti con Marlisa, Philip Panter con Fiorenza.

Grazie ancora Stefano ci hai regalato una bellissima esperienza.

 

Renato M. Cesca

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