Torino: tra Impressionismo e Mummie

Torino: tra impressionismo e mummie.

 

E’ un sabato mattina pieno di sole con una temperatura mite quando inizia la nostra gita a Torino in treno, su un puntualissimo Frecciabianca su cui sono hanno preso posto il Presidente Piero Milano con Rita, Augusto Gabbrielli con Cristina, Gabrio Pellegrini con Anna Rita, Ivana Vianello con Roberto, Fiorenza Panter, Marina Roncoroni, Luciana Barizza, Adriano Bianco e Renato M. Cesca: ad attenderci a Torino Piero Bortoletti e Marlisa.

Dopo la sistemazione all’Hotel Luxor (in tema con il Museo Egizio !), e un semplice ma gustoso pranzo alla piemontese alla Trattoria Bicchierdivino, in dieci minuti  piedi raggiungiamo la GAM – Galleria d’Arte Moderna.

Torino fu la prima città italiana che promosse una raccolta pubblica di arte moderna come parte costitutiva del proprio Museo Civico, aperto nel 1863. Le collezioni furono conservate dapprima insieme alle raccolte di arte antica in un edificio presso la Mole Antonelliana.Nel 1895 furono trasferite in un padiglione prospiciente corso Siccardi (ora Galileo Ferraris), costruito anni prima per una mostra d’arte, ed ivi rimasero fino al 1942.

Distrutto tale padiglione durante la seconda guerra mondiale, sul medesimo sito sorse l’attuale edificio progettato da Carlo Bassi e Goffredo Boschetti,che si inaugurò nel 1959. Resosi inagibile all’inizio degli anni Ottanta, l’edificio è stato riaperto al pubblico nel 1993 dopo un profondo rinnovamento.

Gli interventi ne hanno ampliato la superficie espositiva, lo hanno dotato di impiantistica moderna e lo hanno reso accessibile in ogni sua parte ai disabili. Dal 2003 fa parte della Fondazione Torino Musei. Un esteso lavoro di conservazione e di restauro è stato compiuto nel frattempo sulle raccolte d’arte. Il complesso museale si compone, oltre che delle gallerie per l’esposizione permanente, di sale per mostre temporanee, di ambienti per le attività didattiche. La biblioteca d’arte e l’archivio fotografico della Fondazione Torino Musei hanno sede alla GAM e sono aperte al pubblico.

Dopo il progetto di ristrutturazione del Settembre 1999 con il riallestimento della sezione dell’Ottocento (collocata al secondo piano) e del Novecento (al primo piano), l’intervento negli spazi del bookshop, della caffetteria e dell’atrio, si è anche aperto al pubblico il servizio di videoteca: uno strumento essenziale per la conoscenza e lo studio del video e del cinema d’artista.
Oggi le sue collezioni si compongono oltre 45.000 opere tra dipinti, sculture, installazioni e fotografie a cui si aggiungono una ricca collezione di disegni e incisioni e una tra le più importanti collezioni europee di film e video d’artista. Forte di questo patrimonio la GAM tiene fede al proprio originario impegno sul fronte della ricerca contemporanea intessendo un continuo rimando tra le proprie opere storiche e il dibattito culturale odierno, ponendo in stretta correlazione il proprio programma espositivo sul rapporto tra stretta contemporaneità e raccolte storiche. Dalla fine di ottobre 2009 le opere delle collezioni sono esposte secondo 4 percorsi tematici che mutano nel tempo, assicurando al visitatore una sempre nuova scoperta delle collezioni e la possibilità di una rinnovata analisi dei propri capolavori. Tanto i lavori dei massimi artisti dell’Ottocento italiano, come Fontanesi, Fattori, Pellizza da Volpedo e Medardo Rosso, quanto quelli del Novecento, tra cui Morandi, Casorati, Martini e De Pisis, sono restituiti nella loro capacità di parlare al presente, e di mostrare tutta la loro ricchezza a stretto confronto con opere delle avanguardie storiche internazionali, di cui il museo conserva importanti esempi, da Marx Ernst a Paul Klee e Picabia, con opere delle nuove avanguardie del secondo dopoguerra, attraverso una tra le più importanti raccolte di Arte Povera, tra cui lavori di Paolini, Boetti, Anselmo, Zorio, Penone e Pistoletto, ma anche con la più attuale produzione artistica a cui il museo dedica ampi spazi espositivi.

Dopo la mostra di Degas nel 2012 e quella dedicata a Renoir nel 2013, la collaborazione tra la Città di Torino e il Musée d’Orsay si rinnova con una straordinaria esposizione dedicata a Claude MONET (1840-1926), capofila della grande stagione impressionista accanto a Manet, Renoir, Degas, Pissarro, Sisley e Cézanne.

Il Musée d’Orsay, che conserva la più importante collezione di opere di Claude Monet, ha concesso oltre quaranta capolavori per dare vita a una strabiliante mostra monografica incentrata sul maestro.

Sono presenti in mostra alcune opere di carattere eccezionale, mai presentate prima in Italia: un esempio su tutti è quello del grande frammento centrale della Colazione sull’erba, opera fondamentale nel percorso di Monet per la precoce affermazione di una nuova, audace concezione della pittura en plein air, rappresentativa di un passaggio cruciale che culminerà con l’Impressionismo.

Attorno a questa straordinaria opera, cui si lega anche il bellissimo ritratto a figura intera di Madame Louis Joachim Gaudibert, sono stati selezionati due prestigiosi nuclei di dipinti che documentano i luoghi che accolsero le fasi decisive della ricerca di Monet, da un lato gli studi dei riflessi della luce sull’acqua ad Argenteuil, dall’altro quelli legati al soggiorno di Vétheuil, che riprendono nello studio della resa luminosa della neve il precoce motivo de La Gazza, anch’essa esposta.

La mostra documenta, proprio a partire da opere capitali come la Colazione sull’erba, momenti decisivi del percorso di Monet sino al 1886, anno in cui l’artista realizza l’emblematica figura intrisa di luce dello Studio di figura en plein air: donna con parasole girata verso destra, affiancando a essa capolavori come il dipinto Rue Montorgueil a Parigi. Festa del 30 giugno 1878, con l’immagine delle bandiere che si sfaldano nella luce parigina o Le ville a Bordighera (1884) che restituisce gli sfolgoranti colori che Monet registra nel suo primo soggiorno nella Riviera ligure.

A evocare la ricchezza dell’ultima parte della produzione dell’artista sono altre presenze d’eccezione, note al grande pubblico: le due straordinarie versioni della La cattedrale di Rouen. Il portale con tempo grigio (Armonia grigia) e La cattedrale di Rouen. Il portale e la torre Saint-Romain in pieno sole: qui il gioco di scelte cromatiche quasi antitetiche rimanda alla messa a punto di serie e ripetizioni che egli compone tra gli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta, mentre in Londra, il Parlamento, effetto di sole nella nebbia, l’architettura monumentale del parlamento inglese è ormai pressoché dissolta nella luce.

La mostra consente dunque di mettere a fuoco alcuni tratti decisivi della complessa evoluzione del percorso artistico di Monet, evidenziando la varietà e qualità della sua tecnica pittorica, concentrando lo sguardo su temi e innovative soluzioni che ne fanno uno dei padri indiscussi dell’arte moderna.

Terminata la visita più che soddisfacente, il centro di Torino ci attende per una lunga passeggiata nella luce del tramonto; è piacevole passeggiare sotto gli ampi portici e nelle storiche piazze San Carlo, Castello, Carlo Alberto e sedersi a prendere l’aperitivo in uno degli innumerevoli caffè, pieni di gente.

Per la cena abbiamo scelto un tipico locale di tradizione torinese, L’Agrifoglio, dalla cui tavola ci siamo alzati soddisfatti con la necessità di tornare a piedi in albergo, una passeggiata di 30 minuti, per smaltire l’ottima cena.

Anche la mattina di domenica è dedicata al passeggio, fino a raggiungere i ponti sul Po: dopo la Messa, ci aspetta la visita alla civiltà egizia.

Il Museo delle Antichità Egizie di Torino è uno dei più importanti musei egizi del mondo, secondo solo a quello del Cairo. La sua storia inizia nel ‘600 quando i Savoia acquisiscono dai Gonzaga di Mantova la “Mensa Isiaca”, una tavola di bronzo ageminato con raffigurazioni di cerimonie religiose dedicate alla dea Iside. Nel ‘700 Carlo Emanuele III di Savoia invia in Egitto il naturalista padovano Vitaliano Donati e dalla spedizione nella Valle del Nilo pervengono a Torino la statua della dea Iside, del faraone Ramesse II e della dea Sekhmet. Il periodo tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’ ‘800 è fondamentale per la crescita del Museo e per tutta l’Egittologia; nel 1799 la spedizione scientifica, al seguito dell’armata napoleonica nella Valle del Nilo, inizia la stesura di una documentazione che fa conoscere in Europa, ambiente, vita, costumi, arte e storia dell’Egitto di età faraonica e di lingua e cultura araba. Nello stesso anno venne alla luce nella località di Rosetta, la famosa stele con scrittura geroglifica, demotica e greca, fondamentale per la decifrazione dei geroglifici. Nel 1822 il francese Jean-François Champollion decifra i geroglifici, ponendo le basi dell’egittologia, la disciplina che studia le antichità dell’Egitto faraonico. A seguito di tali avvenimenti, diplomatici delle varie nazioni d’Europa, viaggiatori ed avventurieri si dedicano alla raccolta di antichità nella Valle del Nilo e cospicue collezioni raggiungono l’Europa.

Nel 1824 Carlo Felice di Savoia acquista la collezione di Bernardino Drovetti, un piemontese che si era appassionato alla ricerca delle antichità egizie durante la sua permanenza in Egitto in qualità di Console Generale di Francia.
E’ costituita da oltre 8000 oggetti con grandi statue, papiri, stele, sarcofagi e mummie, oggetti di bronzo, amuleti e monili e oggetti della vita quotidiana come: vasellame, cibi, utensili, cofani e ceste, sgabelli, stoffe e oggetti di cosmesi con parti di parrucche, specchi, pettini, spilloni, vasetti per pomate e unguenti. La collezione è caratterizzata da documenti eccezionali, espressione dell’arte, delle tradizioni religiose e funerarie e della vita quotidiana. Simbolo della raccolta è la statua del faraone Ramesse II, considerata uno dei capolavori della scultura egizia dal decifratore dei geroglifici, Jean-François Champollion. La scultura più antica della collezione è la statua della principessa Redi, scolpita nella diorite al tempo della III dinastia (2800 a.C. circa). Più numerose e documento eccezionale dell’arte egizia per un periodo di oltre quattrocento anni sono le statue dei faraoni, delle divinità e dei dignitari del Nuovo Regno dalla XVIII alla XX dinastia. Ricordano la grandezza dei faraoni d’Egitto le statue di Thutmosi III e di Amenhotep II, i gruppi statuari di Tutankhamon e del dio Amon e di Horemheb e della regina Mutnegemet, la statua colossale del faraone Sethi II, il gruppo scultoreo di Ramesse II con il dio Amon e la dea Mut e di Ramesse II seduto su trono. Documenti altrettanto importanti sono i papiri e le immagini votive delle divinità, cui erano dedicati bronzetti, iscrizioni, statue e statuette e oggetti di culto.
Interessante è la sezione delle mummie degli animali sacri, collegati al culto delle divinità: ibis e babbuini del dio Thot, coccodrilli del dio Sobek, falchi del dio Horo, tori del dio Hapi, pesci della dea Neith, gatte della dea Bastet. I molteplici aspetti della vita quotidiana sono illustrati dalla suppellettile di tipo domestico, che comprende vasellame per la mensa e la conservazione degli alimenti, ceste e cofani per vestiario, letti e poggiatesta, lenzuola e tele, sandali, monili e cibi. Altrettanto cospicua è la documentazione pertinente alle arti e ai mestieri con attrezzi da lavoro, quali zappe, punteruoli, martelli, crogioli di fusione, colori e una classe particolare di oggetti, costituita da schegge di calcare e cocci, usati dagli scribi e dai disegnatori per esercizi, appunti ed abbozzi di disegno. Acquisti e scavi procurano al Museo oltre 30.000 antichità, che integrano il quadro sulla civiltà egizia fornito dalla collezione Drovetti, i cui oggetti provengono per lo più dalla zona di Tebe ed appartengono al periodo dal Nuovo Regno all’Epoca Tarda, quando Tebe era stata capitale dell’Egitto e suo massimo centro religioso.
Oltre tre secoli di storia hanno reso il Museo Egizio di Torino una delle collezioni egizie più importanti con documenti eccezionali per la ricerca egittologica e con antichità così numerose e varie da fornire un quadro della civiltà egizia dalle origini nel IV millennio a.C. fino al V-VI secolo d.C. L’esposizione è articolata su tre piani: il progetto di ampliamento degli spazi espositivi e di riordino della collezione è stato recentemente completato per adeguare il Museo al pubblico futuro con maggiori servizi informativi e didattici.

Grazie anche a Chiara, la nostra brava guida, ci siamo immersi per quasi due ore nella millenaria civiltà egizia, tra reperti di rara bellezza e in uno stato di conservazione davvero stupefacente.

Alle 13.00, quando usciamo, la giornata è così bella e tiepida che è un piacere fare i quattro passi che ci separano dallo storico ristorante “La Smarrita” che occupa i locali che furono lo studio di Cavour, in Piazza Carlo Alberto, dove ha si affaccia Palazzo Carignano sede del Museo del Risorgimento.

Belli i locali del ristorante posti su due piani, ottimo il menu anche qui piemontesissimo, vini compresi, lunga e piacevole la passeggiata per recuperare i bagagli e tornare in Stazione, dopo aver salutato Piero e Marlisa che proseguivano in Piemonte la loro vacanza, dove il già noto Frecciabianca anche oggi puntualissimo ci ha riportato in veneto soddisfatto per gli aspetti culturali ed eno-gastronomici di questa bella gita, condita dalla nostra allegria e amicizia. Arrivederci al prossimo viaggio !

 

Renato M. Cesca

 

N.B. Vedere le foto in Galleria!

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