Interclub: Previdenza e demografia

INTERCLUB: previdenza e demografia.

 

E’ al R.C.
Venezia Mestre Torre che compete l’onere di organizzare  l’interclub con relatore il Dr. Sergio Sorgi
giovedì 11 febbraio.

Il
Presidente Livio Benvegnù fa gli onori di casa all’Hotel Russot e presenta
l’ospite agli oltre 80 Soci dei R.C. Venezia Mestre (Ugo Ticozzi), Venezia
Riviera del Brenta (Piero Milano) e Venezia Noale dei Tempesta (Maurizio
Guidoni), a dimostrazione di quanto il tema e il Relatore siano di interesse.

Un grande problema incombe sulle
future generazioni dei Paesi occidentali, le trasformazioni demografiche e il loro impatto sociale ed economico.
Un problema che ha una duplice dimensione economica e sociale: la quota di anziani sul complesso della
popolazione è in fase di significativa crescita
.

Le conseguenze di questo sviluppo
demografico non sono facilmente prevedibili perché in buona parte dipendono
dalle risposte che i governi dell’Unione Europea saranno in grado di
predisporre.

In realtà l’invecchiamento della
popolazione di per sé potrebbe non essere un problema, infatti, l’età media
della popolazione dei principali Paesi europei sta crescendo da diversi decenni
e questo non ha causato alcuna tensione, né sul piano economico, né su quello
sociale.

Il problema è dato dal cosiddetto “tasso di dipendenza” ovvero il
rapporto tra la quota di popolazione pensionata o ultrasessantacinquenne e la
quota di popolazione in età lavorativa.

È questo rapporto che è cambiato negli ultimi anni in maniera
accentuata
.

Se il “tasso di dipendenza” viene
calcolato (come in effetti avviene) non solo tenendo conto delle persone in età
pensionabile ma anche dei giovani non ancora in età lavorativa, escludendo
questi ultimi il risultato sarebbe ulteriormente
peggiorativo
.

Gli anziani (gli
ultrasessantacinquenni) costituiscono ormai il 30% della popolazione europea: questo significa un pensionato ogni 3 persone in età
lavorativa
.

Dati elaborati dalle Nazioni Unite
indicano che la proporzione di popolazione di 60 e più anni nel mondo: nel 1950
era dell’8%, nel 2007 dell’11% e nel 2050 potrebbe essere del 22%.
Un’evoluzione spiegata dall’andamento della cosiddetta “speranza di vita” e dall’evoluzione del tasso di fecondità.

L’attesa di vita è cresciuta di più
nella seconda metà del XX secolo che in tutti i precedenti 5000 anni di storia
dell’uomo.

A tutto questo si aggiunge un altro
fenomeno di eguale portata e di altrettanta importanza.

La variazione peggiorativa del
“tasso di dipendenza generale” (quello che tiene conto anche dei giovani in età
non lavorativa) non deriva solo dall’allungamento della vita media dell’uomo,
ma anche dalla variazione del tempo
dedicato al lavoro
: il cosiddetto orario di lavoro.

Quindi, mentre negli anni ’30 del secolo scorso l’uomo lavorava per una buona
parte della propria vita, oggigiorno il tempo di lavoro di una persona con una
formazione media in Italia oscilla tra i 35 e i 40 anni
(ovvero dai
20-25 ai 60-65) con una aspettativa di vita che cresce ormai da parecchi anni
al ritmo di tre mesi ogni anno e che nel nostro Paese è arrivata alla
rispettabile quota media di circa 80 anni per le donne e circa 78 per gli
uomini.

Ma, tra la fine degli anni ’60 e ’70
(al termine del cosiddetto baby boom), seppur con alcuni andamenti diversi nei
Paesi europei, l’incremento dei nuovi nati è scemato e con gli anni ’80 è
iniziata una netta inversione di
tendenza
.

Il tasso di fertilità, ovvero il
numero medio di nati vivi per donna, è sceso sotto la soglia di mantenimento
della popolazione che è di poco superiore a 2 ed in breve tempo è sceso ancora
a 1,5 dato medio riferito ai Paesi del mondo occidentale.

In diversi Paesi europei tra cui
l’Italia questo dato si è assestato intorno a 1,2, molto più basso di quello
che ogni coppia dovrebbe garantire per assicurare il ricambio generazionale che
è di 2 per donna.

Questo fenomeno dell’invecchiamento
della popolazione colpisce seppur in maniera diversa gran parte delle nazioni
di tutto il mondo.

Secondo la Commissione Europea e le
principali fonti internazionali le
previsioni al 2050 difficilmente potranno essere smentite
perché i
fenomeni demografici sono lenti nel manifestarsi, ma una volta in atto mostrano
una grande inerzia.

Il margine maggiore di incertezza
sulle dimensioni demografiche dei diversi Paesi europei dipende soprattutto
dalle politiche verso l’immigrazione.

Infatti, è noto come le donne dei
Paesi del terzo mondo tendono ad avere più figli ed in più giovane età rispetto
alle donne europee.

Secondo la Commissione Europea gli effetti dell’invecchiamento della
popolazione avranno un impatto di grande portata
non dissimile dai
risultati sul piano economico-sociale prodotti dall’innovazione delle
tecnologie (in particolare l’Information Communication Technology – ICT) e del
fenomeno della globalizzazione dei mercati e dell’economia e tali effetti penalizzeranno
le società più statiche dal punto di vista socio-economico e meno disposte ad
innovare sul piano istituzionale le regole socio-politiche.

Per tutta una lunga fase i sistemi di solidarietà sociale e sanitaria
saranno sottoposti a forte stress
in una fase in cui i bilanci degli
Stati offrono ben pochi margini per investimenti nella spesa sociale.

Le risposte a questo fenomeno da
parte degli Stati occidentali ed in particolare dell’Europa sono state per ora molto timide ed incerte: i governi
temono l’impopolarità che potrebbe derivare da scelte destinate a modificare
più o meno consolidate prassi sociali.

 

Non è del
resto del tutto certo che l’invecchiamento della popolazione comporti un forte
aumento della spesa sanitaria
:
finora l’80% circa della spesa sanitaria in senso stretto avviene negli ultimi
18 mesi di vita della persona indipendentemente dall’età in cui avviene il
decesso.

I fattori che determinano la
crescita della spesa sanitaria sono invece da attribuire alle possibilità
offerte dalla diagnosi precoce che consente di curare patologie che nel passato
avevano un esito mortale e alle cure delle malattie croniche che richiedono
terapie e farmaci per tutta la vita del paziente.

A cambiare
radicalmente sono invece settori del mercato del lavoro
, un fenomeno che è iniziato in sordina negli anni ’80
– ’90 del secolo scorso.

Gli effetti dell’innalzamento della
scolarità e quindi dell’incremento dell’età con cui i giovani europei entrano
nel mercato del lavoro e del conseguente venir meno della disponibilità a
svolgere certe mansioni, sono stati compensati con i flussi migratori provenienti da Paesi extra europei e
dell’Europa dell’est.

Oggi i
flussi migratori sono di fatto indispensabili per coprire i vuoti determinati
dal calo demografico e dal mutamento nel rapporto tra domanda e offerta di
lavoro
per quanto riguarda la popolazione
nativa soprattutto quella giovane in fase di ingresso nel mercato.

Secondo i dati dell’UE tra il 2000 e
il 2050 per effetto dell’evoluzione demografica la popolazione attiva (ovvero
in età di lavoro) avrà un saldo
negativo di ben 150 milioni di persone
. Una enorme distruzione di
persone che richiama alla mente le grandi epidemie di peste del passato.

In queste condizioni, senza un
considerevole flusso migratorio, sarebbe
impensabile fare funzionare alcuni settori del comparto manifatturiero
(costruzioni, ecc.), dell’agricoltura, della sanità e dei servizi sociali
.

Una quota sempre maggiore di anziani
sul complesso della popolazione determina pressoché inevitabilmente una crescita nei servizi di assistenza a
basso o medio contenuto medico-sanitario
: assistenza a persone anziane,
rieducazione motoria, la crescita numerica delle RSA (Residenze Socio
Assistenziali) sono gli esempi attuali più manifesti di questa tendenza.

Già oggigiorno alcuni sistemi
sanitari pubblici hanno difficoltà a finanziare gli interventi di assistenza,
di rieducazione, di aiuto domestico.

Tra qualche anno questa difficoltà
potrebbe trasformasi in impossibilità in una fase, ormai alle porte, in cui le tasse sul lavoro di due persone dovranno
pagare tutti i servizi erogati a una persona anziana
: questo è il quadro
offerto da un contesto demografico nel quale il 30% della popolazione totale è
ultrasessantacinquenne e pensionata.

 

L’invecchiamento della popolazione
nel mondo occidentale ha posto il
problema della stabilità dei sistemi pensionistici nel futuro
.

La preoccupazione circa la capacità
dei sistemi pensionistici pubblici di affrontare i problemi posti dal
peggioramento palese del “tasso di dipendenza” ha stimolato le nuove forme di previdenza privata ed in
generale il risparmio a lungo termine
.

Lo stock di risparmio è aumentato in
tutto il mondo occidentale e soprattutto in Europa e nei cosiddetti Paesi
emergenti (Brasile, Russia, India e Cina, i Paesi cosiddetti BRIC). Questa grande massa di risparmio ha
sicuramente contribuito in modo rilevante a determinare le condizioni di
notevole liquidità, ricerca di impieghi, ridotta percezione del rischio che è
all’origine di quel fenomeno di sovrapproduzione di titoli finanziari, i
cosiddetti “derivati”, che sono all’origine della grande crisi economica che
travaglia tutti i Paesi del mondo globalizzato
.

 I dati evidenziano come in questa fase siano proprio
le persone anziane ad avere una maggiore propensione al risparmio:
l’invecchiamento della popolazione dovrebbe quindi produrre un aumento dello
stock di risparmio depositato a vario titolo e forme presso gli intermediari
finanziari.

A livello dei diversi governi
europei si è fatto strada il dubbio che l’aumento della quota di popolazione
anziana possa rendere non più
sostenibili i sistemi pensionistici concepiti tempo addietro in contesti
sociali ed economici molto differenti
. I tentativi di affrontare il
problema sono stati fino ad ora molto morbidi e orientati in due direzioni:

– legare sempre più strettamente il
valore della pensione al valore dei contributi versati nel tempo dal
lavoratore;

– stimolare, ed in qualche caso
obbligare, i lavoratori a sottoscrivere strumenti pensionistici privati 
(i Fondi Pensione Integrativi di Categoria), ma rigidamente controllati da
organizzazioni para-pubbliche.

Questi strumenti, i Fondi Pensione Integrativi, non
hanno però suscitato forti entusiasmi nei lavoratori che in buona parte hanno
preferito continuare ad avvalersi di strumenti tradizionali.

Così i risparmiatori hanno
continuato ad utilizzare gli strumenti della tradizione come le assicurazioni
sulla vita e i Fondi Pensione Privati.

 

In
conclusione
, l’invecchiamento della popolazione
è un fenomeno inarrestabile di
cui bisogna prendere atto. Bisogna prendere atto anche che grazie
all’allungamento della vita dell’uomo le sue potenzialità di lavoro possono
essere prolungate oltre la fatidica data dei 65 anni. Questo ovviamente ad
esclusione dei settori cosiddetti usuranti.

Il mercato
del lavoro ha già mostrato di risentire dei fenomeni in atto ed in alcuni
settori economici il numero dei lavoratori anziani è aumentato in maniera
considerevole
.

Del resto i lavoratori anziani hanno
il vantaggio dell’esperienza professionale e personale che costituiscono valori
non trascurabili.

Le imprese devono però sopportare
più alti costi del personale ed offrire valide opzioni in materia di carriera e
per converso in termini di orario di lavoro.

Le imprese
che sapranno affrontare il problema dell’evoluzione demografica della
popolazione potranno con più facilità attrarre e conservare personale con le
maggiori competenze ed esperienze
, cosa questa che in un’economia della conoscenza determina un elemento
competitivo molto rilevante.

La brillante esposizione del
Relatore e l’interesse degli argomenti trattati ha dato luogo a numerose
domande che hanno puntualmente ottenuto esaurienti risposte.

La gratitudine dei presenti si è
manifestata con un prolungato applauso che ha sottolineato quanto la serata sia
stata davvero un successo.

Grazie quindi al Presidente
Benvegnù.

 

Renato Maria Cesca

 

 

Sergio Sorgi

53 anni, è Socio fondatore e Vice
Presidente di Progetica. Esperto di welfare, con particolari approfondimenti su
temi demografici, previdenziali e pensionistici. Nel settore del risparmio
gestito dal 1987, si è occupato prevalentemente di Formazione delle Reti
distributive finanziarie ed assicurative fino alla fondazione di Progetica, nel
1994. Dal 1998 al luglio 2003 è stato Amministratore Delegato di “IRmMI“,
Istituto di Ricerca di Marketing e Modelli di Investimento.  In Progetica coordina l’area Previdenza e
studia il rapporto tra ciclo di vita e rischi demografici dei risparmiatori,
relativamente alle esigenze di protezione del reddito e del patrimonio e di
previdenza pensionistica. Numerose e qualificate le sue pubblicazioni e i suoi
interventi sulla stampa nazionale e internazionale.

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