Interclub: Venti di guerra

INTERCLUB: VENTI DI GUERRA.

 


E’ il nostro
Club che giovedì 17 marzo ha l’incarico di organizzare l’interclub su di un
tema che più attuale e pressante non potrebbe essere: la crisi nel Vicino
Oriente, l’ISIS, la Libia, la Siria non sono più minacce di guerra, sono il
teatro in cui la guerra c’è già, crudele e sanguinosa.

Il
Presidente Pietro Milano fa gli onori di casa 
e la sala è gremita dai Soci dei R.C. Venezia Mestre Torre (Livio Benvegnù),
Venezia Mestre (Ugo Ticozzi) e Venezia Noale dei Tempesta (Maurizio Guidoni).
Prestigioso Relatore è il Prof. Arduino Paniccia, uno dei più noti e
qualificati esperti di geo-politica.

 

In Libia si è
arrivati alla resa dei conti.
Dopo le Primavere arabe e il tentativo
(fallito) dei Fratelli Musulmani di prendere il potere, ora è arrivato il turno
dei militari. Ma il rischio è quello di ripetere la situazione dell’Iraq tra il
2003 e il 2011 o, peggio ancora, che la Libia diventi un’altra Siria”.

Arduino Paniccia,
ha spiegato che
l’ex generale Khalifa Haftar segue una linea ispirata
dai militari egiziani.
Nei prossimi giorni Haftar radunerà attorno a sé i consensi delle forze
armate, le unità speciali e di polizia e delle milizie, soprattutto quella
Zintan che è la più forte. Tutte fazioni che si sono schierate contro il
governo di
Ahmed
Matiq
e a favore dello scioglimento
del Congresso nazionale”
, ha detto.

Ma come si è
arrivati a questa situazione in Libia?
 L’analista spiega che “nei
Paesi del Nord Africa si è presentato uno schema simile: i Fratelli Musulmani
hanno voluto prendere il potere e non ci sono riusciti, per cui sono stati
sostituiti da chi aveva il controllo della polizia e delle armi, ovvero, i
militari. L’unica eccezione è stata la Tunisia, perché ha una tendenza più
democratica ed è un Paese territorialmente più piccolo.
In questo quadro entrano altri attori, per esempio gli Stati Uniti e la
Federazione russa, per interessi energetici e strategici (come nel caso
dell’Egitto con il canale di Suez)”
, ha proseguito Paniccia.

Secondo l’esperto, la situazione
d’instabilità riguarda non solo la Cirenaica, ma tutto il territorio libico.
Haftar ha degli alleati a Bengasi, a Tripoli, a sud del Paese. La crisi non è
territoriale, coinvolge molte le regioni, che hanno il sostegno del generale
egiziano
Al
Sisi
, ha sottolineato. “A
risolvere il polverone libico potrebbero essere i militari egiziani. In caso
contrario, il rischio è quello di scatenare
un’altra guerra, come quella che in corso in Siria.

I regimi militari al potere nella
regione sono diversi da quelli imperanti negli anni ’60, ma contano ugualmente
sulle classiche alleanze”.
Paniccia sostiene
che gli Stati Uniti seguano
la politica di “non
coinvolgimento diretto” promossa da
Barack Obama
,
ma restino sullo sfondo. Nel caso dell’Egitto, invece, c’è la Federazione
russa. Gli unici in disparte, secondo l’analista, sono i Paesi europei.

Paniccia non
condivide il determinismo di Renzi sulla colpa delle Nazioni Unite in Libia
,
ma è d’accordo che le azioni non debbano limitarsi a un piano militare ma
debbano prevedere anche a piano diplomatico.
L’Europa germanica ha sbagliato nel lasciare ai
Paesi del Nord le linee direttive della politica estera. Loro non possono
capire cosa succede sull’altra sponda del Mediterraneo. L’Italia deve essere
leader di una nuova politica europea in Libia. È un errore non avere convocato
ancora una nuova Conferenza per la stabilità in Libia a Roma.
L’
escalation di attentati jihadisti dipende dal fatto che l’ Isis si sente ormai
sotto assedio. Quanto a noi, al Giubileo e ai rischi connessi, i nostri servizi
hanno lavorato benissimo: contro il terrorismo, l’ Italia è sulla strada giusta.
L’ intervento militare russo ha messo l’ Isis nelle condizioni di dovere
affrontare un nuovo scenario. Dopo strategie di contrasto poco efficaci messe
in campo dall’ Occidente nell’ ultimo anno e mezzo, gli uomini del Califfo
hanno bandito i trionfalismi. Per la prima volta, i terroristi si sentono
davvero circondati e attaccati. Reagiscono con violenza perché ormai sono in
preda alla sindrome di accerchiamento. È bene pertanto alzare la guardia.

La verità è che la strategia
occidentale è attraversata da molte contraddizioni, che talvolta rasentano il
ridicolo. Ora che i russi sono scesi in campo e sono finalmente riusciti a
incutere paura a criminali che non hanno pari nella storia dell’ umanità, si
sente ripetere dappertutto che l’intervento contro l’ Isis non serve più. Lo
diciamo ora, dopo 7 mila missioni del tutto inutili, e il coinvolgimento di 60
Paesi in una coalizione del tutto inefficiente? Dire che Putin è parte del
problema è solo uno slogan. Il problema vero è che subiamo da 35 anni feroci
atti di terrorismo. E che noi occidentali abbiamo fatto poco o nulla per
liberarci di questa piaga. Mosca ha senz’ altro una propria strategia, ma la
maggior parte dei raid russi colpisce l’ Isis. E poi, quella dei terroristi
buoni e dei terroristi cattivi, è una favola che non possiamo più raccontarci.
I terroristi sono terroristi. Anche quelli che formalmente non lo appoggiano,
sostengono nei fatti il Califfato.

Dobbiamo comprendere che nei prossimi
decenni l’ eurocentrismo dovrà fare i conti con una coalizione euro -asiatica
che comprende Iran, Cina e Russia. La parola d’ ordine è dunque Realpolitik:
trattare sul futuro di Assad sì, ma prima di tutto una coalizione unica per
sconfiggere l’ Isis. Oppure non se ne esce.

Se Francia e Gran Bretagna hanno
assunto da tempo un profilo interventista, Berlino ha assunto una posizione
simile a quella dell’ Italia che difficilmente muterà finché resterà in sella
la signora Merkel. Quello tra il nostro Paese e la Germania, sarebbe un asse
molto utile che potrebbe consentire all’ Europa di evitare molti errori. Ma
spesso, alla prova dei fatti, le molte affinità non sfociano in una vera
alleanza.

L’ Inghilterra va incontro a rischi
enormi. Un impegno così massiccio solleva qualche domanda. Dopo gli attentati
di Parigi, si era data notizia che vicino al distributore dove era atteso il
terrorista Salah, fossero stati arrestati a Bruxelles sei cittadini inglesi di
origine pakistana. C’ erano collegamenti fra cellule inglesi e cellule di
Molenbeek? È una cosa che fa riflettere. Dobbiamo essere consapevoli che chi
decide di far morire sé e gli altri è praticamente inarrestabile. Ma c’ è da
dire che intelligence e sicurezza da noi hanno lavorato in questi anni molto
bene. Considerata la situazione e la posizione dell’ Italia, i risultati sono
stati finora encomiabili. Se ricorriamo a forze speciali senza remore,
rafforziamo i controlli, e procediamo alla costituzione di una pronta risposta,
c’ è da essere ottimisti. Il nostro Paese è sulla strada giusta”.

 

Al termine della
relazione sono numerose le domande che consentono al Prof. Paniccia di
approfondire alcuni aspetti delle tematiche trattate: caloroso e intenso
l’applauso che conclude la serata, con la gratitudine di tutti i presenti a chi
ha saputo informare con tanta profondità e tanta gradevolezza  su temi così difficili.

 

Renato M. Cesca

 

Arduino Paniccia (Milano,
31 gennaio
1946) è un opinionista,
scrittore
e
docente
italiano.

Analista di strategia militare e di geopolitica,
ha scritto numerosi articoli e pubblicazioni che ne fanno un esperto a livello
italiano e internazionale. Attualmente insegna Relazioni Internazionali alla
Facoltà di Scienze Politiche di Trieste presso la sede di Gorizia per il corso
in Scienze Internazionali e Diplomatiche, è consulente per grandi imprese
private e pubbliche, fa parte dei comitati di studio e gruppi di lavoro
dell’Unione Europea e dell’ONU. Ha maturato, attraverso molteplici missioni
nelle aree coinvolte da conflitti, una vasta esperienza in tema di terrorismo,
guerriglia e peace-keeping. È stato responsabile per l’UNIDO del progetto di
formazione per i quadri diplomatici e ministeriali in Iraq. È commentatore e
analista per diverse testate giornalistiche, televisive e sul web. Collabora
inoltre con l’
ISPI[10],
è direttore accademico dell’Istituto Italiano di Studi Strategici IISS N. Machiavelli
[11],
nel 2013 fonda a Venezia la
Scuola di
competizione economica.
Dal 2014 scrive per la Rivista
Militare
dello Stato Maggiore dell’esercito italiano.

Fa parte, dal 2001, del Sovrano militare ordine di Malta
col titolo di Cavaliere di Grazia Magistrale.

È stato impegnato in
molteplici missioni internazionali nelle aree coinvolte da conflitti, come
esperto in temi quali terrorismo, guerriglia e peace-keeping. Ha preso parte
alle missioni di pace nell’area balcanica, in particolare nelle operazioni di
aiuto umanitario nell’inverno ’93/’94 nella città assediata di Sarajevo. È
stato inoltre componente della Task Force per la ricostruzione nei Balcani ed è
Presidente della Task Force per la ricostruzione in Libia. Ha operato, oltre
alla Bosnia, in Albania, Croazia, Kosovo, Macedonia e Serbia. Ha effettuato
numerose missioni in Afghanistan, Pakistan, nell’area del Golfo Persico.

Collega e amico di
Edward Luttwak, con il quale ha scritto saggi sulle strategie della
globalizzazione, ha collaborato con il Centro Studi Strategici di Washington. È
altresì autore di monografie sull’ingresso della Cina nell’Organizzazione
Mondiale del Commercio e sulla gestione della rete/ICANN e sulla definizione
del corridoi paneuropei dei trasporti. Dal 2006 è docente della Scuola di
Polizia Interforze, per il
Ministero degli Interni, a Roma nel corso
di Criminalità e terrorismo transnazionale.

 

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