Il malfunzionamento della P.A. ed evasione fiscale

 

 

 

 

Il malfunzionamento della P.A. ed evasione fiscale.

 

E’ questo il titolo della relazione che ha scelto il nostro ospite, il
Dr. Paolo Zabeo, coordinatore del centro studi della C.G.I.A. – Associazione
Artigiani Piccole Imprese di Mestre.
L’Associazione è nata subito dopo la guerra, nel 1945.
L’esigenza era quella di aggregare quelle ditte che avevano bisogno di un certo
tipo di servizi e di tutela
sindacale.Una data di nascita
certa però non c’é, perchè è andato perduto l’atto di costituzione. Così nel
1977 cinque soci, in pretura a Mestre, hanno firmato un documento nel quale
confermano il 1945 come anno di nascita, grazie alla documentazione del secondo
socio iscritto il 14 agosto1945.

 

Ricordata doverosamente la
figura di chi ha dato grande lustro e visibilità all’Associazione, il Dr.
Giuseppe Bortolussi, recentemente scomparso, il Relatore entra nel tema della
serata.

 

 

“E’ utile fornire qualche dato per inquadrare i
problemi che creano all’economia le Pubbliche Amministrazioni. Le Asl del Sud
non pagano i fornitori. O meglio lo fanno con ritardi spaventosi.  Gli
ultimi dati del 2015 ci dicono che l’Azienda  sanitaria regionale del
Molise salda i propri creditori dopo 412 giorni dal limite previsto  dalla
legge che, ricordiamo,
stabilisce che la transazione economica debba avvenire
entro 60 giorni dall’emissione della fattura. L’Asl di Napoli 1 Centro, invece,
presenta un ritardo medio di 401 giorni, mentre quella di Roma A si ferma a 397
giorni, quella di Catanzaro a 315 e quella di Bari a 92 giorni.

 

Questi
risultati sono il frutto di un’analisi che ha condotto l’Ufficio studi della
CGIA che ha estrapolato l’indice di tempestività dei pagamenti delle principali
Asl in ciascuna regione che, per legge, hanno l’obbligo di pubblicare
periodicamente nel proprio sito internet.

 

 Sebbene
negli ultimi anni l’andamento dello stock del debito sanitario risulti
leggermente in calo è verosimile ritenere che quest’ultimo si aggiri ancora
oggi attorno ai 30 miliardi di euro. Quasi la metà dei 70 miliardi di
euro  che tutta la nostra Pubblica amministrazione deve alle imprese. E
sebbene anche le Asl abbiano l’obbligo dal 31 marzo 2015 di ricevere solo 
fatture su base elettronica, questa novità, almeno al Sud, non ha velocizzato i
tempi di pagamento. Salvo
qualche eccezione, al Centro-Nord, invece, la situazione presenta dei livelli
di virtuosità che fino a qualche anno fa sembravano difficilmente
raggiungibili. Se l’Usl della Valle d’Aosta, l’Ausl di Bologna,
l’Asl 3 di Genova  e l’Asl di Milano liquidano definitivamente i propri
creditori con 3 giorni di anticipo rispetto al limite massimo stabilito dalla
legge (60 giorni),  l’Azienda sanitaria dell’Alto Adige e quella di Trento
fanno ancora meglio: ci impiegano 4 giorni in meno, mentre quella dell’Aquila
“accelera” addirittura di 9 giorni, anche se la palma delle migliori pagatrici
va all’Usl Umbria 1 e all’Azienda sanitaria 1 di Trieste. Se la prima onora i propri
debiti con 23 giorni di anticipo rispetto alla scadenza pattuita, nella città
giuliana i fornitori vengono saldati addirittura 25 giorni   prima
degli accordi intercorsi tra le parti”.

 

 

Passando poi a trattare il tema
sempre di scottante attualità dell’evasione fiscale, il Dr. Zabeo ci informa
che “l’
evasione fiscale italiana vale 91 miliardi di euro, pari
al
7 per cento del Pil. E’ quanto emerge dal rapporto
del ministero dell’Economia, presentato in Consiglio dei Ministri dal titolare
di Via XX Settembre, Pier Carlo Padoan.
La
maggior parte dell’evasione, il 52 per cento, si attesta al Nord (dove il tax gap di Iva, Ire, Irap e Irpef ammonta a 47,6
miliardi) contro li 26 per cento del
Centro (24 miliardi) e il 22 per cento
del
Sud (19,8 miliardi). Tale dato,
ovviamente, è condizionato dalla maggiore capacità reddituale del settentrione.
Il documento spiega, inoltre, come nel 2013 l’
evasione scovata dall’Agenzia delle Entratesia ammontata a24,5 miliardi. Dunque, la maggiore imposta
accertata è così salita dell’87 per cento in sette anni, rispetto ai 13,1
miliardi del 2006. Inoltre, dal rapporto risulta come in
quasi la totalità delle imprese su cui sono state effettuate
delle verifiche
sianostate
riscontrate irregolarità fiscali
: nel 98,1 per cento delle grandi, nel 98,5 per cento delle medie e nel 96,9 per cento delle Pmi. Tra gli enti
non commerciali
,
inoltre, la percentuale sale al 99,2 per cento.

 

 Il documento del ministero
ascrive buona parte delle colpe di tale situazione ai condoni: dall’Unità d’Italia ad oggi, ne sono
stati fatti più di 80. Di conseguenza, afferma il rapporto, non saranno mai più
effettuati interventi di questo tipo.

 

Nonostante gli sforzi della classe
politica,l’evasione fiscale in Italia non si arresta e sembra
invece assestarsi su cifre preoccupanti. Il gettito fiscale mancante
costituisce un danno significativo alle casse dello Stato che, di solito, corre
ai ripari con una serie di norme che non sempre riescono a risolvere il
problema o a migliorare la situazione generale.

 

In Italia il problema è
particolarmente preoccupante, il nostro Paese infatti è tra i «maggiori
evasori» del continente, contando, secondo delle cifre di stima, oltre il
doppio di quella inglese e quasi il triplo di quella spagnola, che poggia però
su un’economia differente e per molti aspetti più debole.

 

Nel confronto con altre nazioni di
riferimento, risultiamo comunque in prima posizione in questa triste
classifica, registrando un’evasione superiore del 10 e del 30% rispetto a
Germania e Francia. Meglio invece il confronto con altri paesi”.

 

“In Italia” prosegue il relatore “l’evasione
è causata da un sistema fiscale mal calibrato e, nella maggior parte dei casi,
al mancato versamento dei contributi da parte dei lavoratori autonomi che, in
alcuni casi, sono soggetti completamente sconosciuti dal Fisco (solo nel 2014
oltre 8.000 evasori scoperti).

 

In Italia evade quasi il 20% dei contribuenti. Tra questi imprese di vario genere e
ditte individuali. Solo in quest’ultimo settore si calcola che oltre un
imprenditore su due non paghi quanto dovuto al Fisco.

 

Le cifre recuperate, rispetto
all’evasione totale, sono irrisorie, e corrispondono a meno di un decimo del
totale evaso da incassare. Per questo motivo e per gli altissimi costi dei
processi e dei procedimenti di recupero negli ultimi anni in Italia si è
assistito ad un inasprimento delle pene collegate all’evasione e alla frode
fiscale.

 

Per quanto
riguarda l’evasione fiscale in senso stretto, grazie all’attività di
accertamento, sono 13,1 i miliardi recuperati al fisco nel corso del 2013, in
deciso aumento rispetto al passato, di cui 3,1 miliardi di mancata Irpef e 2,5
miliardi di mancata Iva. Questo nonostante una riduzione del numero di accertamenti:
nel 2012 i controlli complessivi erano 741 mila, nel 2013 713 mila (-4%).

 

Buoni anche
i risultati conseguiti dall’Inps nel corso del 2014: su 58 mila ispezioni, 47
mila hanno portato al riscontro di irregolarità. 77 mila sono stati i
lavoratori irregolari individuati, di cui 29 mila totalmente a nero. Grazie a
queste attività, sono stati accertati poco più di un miliardi di euro di
contributi evasi. Nel 2013, nonostante un numero maggiore di ispezioni (72
mila) e un maggior numero di lavoratori irregolari individuati (86 mila), il
totale dei mancati contributi accertati era stato leggermente più basso
(comunque attorno al miliardo di euro).

 

Il fenomeno,
si è visto, in Italia c’è ed è piuttosto consistente. È invero, però, che i
numeri mostrano come, con il passare degli anni, i risultati di contrasto
all’evasione sono più positivi. Le nuove disposizioni in materia di tax
compliance varate dal governo Renzi sembrano confermare, anche per il futuro,
ulteriori successi in questa direzione, sebbene non manchino, talvolta,
decisioni che sembrino non essere del tutto coerenti con il percorso
intrapreso.

 

Maggior
coerenza e coordinamento tra le diverse misure approvate dal governo sarebbero,
dunque, auspicabili. Così come potrebbe essere utile estendere l’utilizzo di
incentivi positivi alla tax compliance, data la scarsa propensione di una fetta
contribuenti italiani (fetta neanche tanto piccola, visti i numeri descritti in
precedenza) a partecipare alle spese dello stato”.

 

 

Applausi
convinti dei numerosi presenti al termine della relazione, anche se l’argomento
non era certo adatto ad una serata di svago, ma piuttosto a far riflettere su
quali e quanti problemi il nostro Paese debba risolvere per diventare un “Paese
normale”

 

 

Paolo Zabeo, nato a Dolo il 17-11-1964, laureato
allo Iuav di Venezia presso il Dipartimento di analisi socio-economiche e
territoriali con una tesi sul Parco scientifico e tecnologico di Porto Marghera
(anno 1991); dal mese di marzo del 1993 al luglio dello stesso anno lavora come
ricercatore presso il Coses – Consorzio economico e sociale della provincia di
Venezia – su il piano di sviluppo dell’area di Porto Marghera; il 1 giugno del
1994 viene assunto in CGIA presso l’Ufficio sindacale; dal novembre del 1994 al
giugno del 1995 lavora come consulente presso l’Assessorato alle Attività
Produttive della Provincia di Venezia su il “Piano di rilancio dell’area di
Porto Marghera”; nel 2002 viene nominato responsabile dell’Ufficio sindacale
della CGIA; dal 2008 è il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA.

 

 

 

 

 

 

 

 

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